Pubblicato su politicadomani Num 92-93 - Giugno/Luglio 2009

Terzo settore
Il 5 x mille, una buona legge da rivedere profondamente

di Isabella De Leonardis

È iniziata la corsa alla scelta delle associazioni, enti, fondazioni e società sportive che hanno diritto alla quota prevista dalla legge. È un percorso ad ostacoli che andrebbero tutti rimossi

L'articolo 53 della Costituzione recita che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il contribuente italiano può scegliere se destinare una quota dell'Imposta sui redditi delle persone fisiche in misura dello 0,05 % ad una causa solidaristica. La riforma fiscale statale con la Legge delega 80/2003 ha introdotto norme per disciplinare gli istituti giuridici tributari destinati a finalità etiche e di solidarietà sociale. Prima di questa legge, che è stata attuata solo in parte durante la XIV legislatura (Berlusconi II e III), c'è stata un'anticipazione del disegno riformatore con la de-tax e il 5 x mille; due varianti legislative dello stesso modello voluntary connotate dalla non-fiscalità.
L'istituto del 5 x mille è stato introdotto, inizialmente e in via sperimentale, con la Finanziaria 2006. La prima differenza tra il 5 per mille e l'8 per mille, riguarda la tipologia e la numerosità degli enti; la seconda differenza risiede nella destinazione di quella parte di fondi che non sono stati assegnati a nessun soggetto. Mentre nell'8 per mille, la parte di fondi impegnati sui quali non c'è stata alcuna scelta viene distribuita tra i partecipanti in proporzione alle scelte ricevute; nel 5 per mille, la parte non optata viene trattenuta dallo Stato.
Le due quote parti di tasse riservate all'8 e al 5 per mille non sono in alcun modo alternative fra loro. I destinatari dell'8 per mille sono cinque confessioni religiose - la Chiesa cattolica, l'Unione delle comunità ebraiche italiane, la Chiesa evangelica luterana, le Chiese cristiane del 7° giorno, le Assemblee di Dio in Italia - e lo Stato. Del 5 per mille, invece, beneficiano, prevalentemente, enti non profit che rientrano nelle categorie a sostegno del volontariato, le Onlus, le associazioni di promozione sociale e altre fondazioni e associazioni riconosciute, ricerca scientifica, universitaria e sanitaria. Nella Finanziaria 2009 sono stati aggiunti i comuni di residenza e le associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI. Ogni anno l'Agenzia delle Entrate pubblica gli elenchi dei soggetti che hanno chiesto di accedere a tale beneficio.
Si tratta di vero e proprio istituto di democrazia fiscale diretta, che si esercita attraverso la dis-intermediazione dello Stato. Il popolo titolare della sovranità la esercita direttamente nei limiti segnati dalle norme che attuano il modello de-tax nel senso che in questo modello il popolo non agisce sul versante del prelievo (non decide, cioè, se pagare o meno una certa percentuale di tasse, destinate appunto ai beneficiari del 5 o dell'8 per mille), ma su quello della spesa pubblica (nel senso che sono loro a decidere a chi saranno destinate le tasse pagate). È considerato, inoltre, uno strumento di attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale che consente di valorizzare quelle risorse antiche della cittadinanza attiva che, a fronte della crisi del Welfare State, riveste oggi un ruolo fondamentale per la garanzia della coesione sociale.
In questo modo, la scelta volontaria del cittadino, sia pur indirettamente, contribuisce ad introdurre elementi di sana competizione anche nel non profit a beneficio della qualità dei servizi. Quest'anno sono 46.318 i soggetti ai quali i contribuenti potranno destinare il 5 per mille della propria Irpef Saranno loro, in netto calo rispetto al 2008 quando erano 77.823, che si contenderanno i 380 milioni messi a disposizione. La ripartizione dei fondi vede in cima alla classifica gli enti del volontariato con una cifra considerevole, le associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI, ed infine le realtà dedicate alla ricerca sanitaria, molto meno numerose rispetto alle precedenti.
Un nodo problematico e critico di questo istituto è proprio la mancanza di una legge in grado di dare stabilità. Attualmente, la normativa prevede un'eccessiva ingerenza della pubblica amministrazione: oltre ad una serie di adempimenti burocratici inutili quali la rendicontazione delle somme ricevute, introdotte la Finanziaria 2008 (Governo Prodi), che richiede un impegno degli enti non profit ad una comunicazione sociale che renda conto non solo del dato economico, ma anche dell'efficacia dell'attività svolta. Altro limite della legge è l'esistenza del tetto di spesa introdotta inizialmente dal Ministro della solidarietà sociale Paolo Ferrero (Governo Prodi, Rifondazione Comunista); nella Finanziaria 2007 il tetto è stato fissato a 250 milioni di euro, innalzato poi a 380 milioni nella Finanziaria 2008.
Bisogna abolire il tetto di spesa e semplificare le procedure di assegnazione. È necessario superare la fase di sperimentazione per definire una procedura standardizzata e chiara rispetto all'attuale (il disegno di legge 1366, presentato lo scorso 8 aprile presso la VI commissione Finanze e Tesoro, affidato al senatore Pd, Giuliano Barbolino, potrebbe essere lo strumento adatto a portare a compimento la standardizzazione del 5 per mille).
La recente proposta del ministro del Tesoro di destinare alla ricostruzione in Abruzzo i fondi del 5 per mille - fondi che per legge sono destinati ad altri soggetti - ha sollevato un altro terremoto politico e sociale. L'iniziativa di Giulio Tremonti avrebbe potuto mettere a rischio l'esistenza di tante piccole associazioni di volontariato che costituiscono la spina dorsale del servizio di Protezione civile nazionale e che sono impegnate nell'attività di assistenza ai terremotati.
La levata di scudi contro l'idea di Tremonti è stata unanime. Gianpaolo Concari, commercialista esperto di enti non profit, consulente di Emergency al Forum del Terzo settore, ha parlato di iniziativa inquietante e demagogica. Egli ha spiegato che, con la campagna di dichiarazione dei redditi 2008 in avanzato corso di lavorazione, l'unico modo di intervenire poteva essere la creazione di un codice fiscale ad hoc che fungesse da collettore per l'Abruzzo, senza la possibilità per il contribuente di segnalare le singole associazioni, snaturando così la legge del suo aspetto più peculiare e significativo, quello che prevede che sia il contribuente a indicare l'ente a cui evolvere la sua quota parte di imposte.
D'altra parte, con il contributo dell'8 per mille dato allo Stato, la legge prevede con precisione dove indirizzare i fondi così raccolti: fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione beni culturali. Il problema reale è che in questi anni il fondo dell'8 per mille allo Stato è stato depauperato per tappare falle di bilancio, oppure per finanziare azioni di guerra in Afghanistan. Inoltre, a differenza del 5 per mille, l'8 per mille non ha un tetto massimo, se non nell'ammontare globale dell'Irpef.
C'è ancora tanto da fare se si vuole promuovere il Terzo settore a terzo pilastro della comunità nazione, accanto allo Stato e al Mercato, e farlo diventare il motore del Welfare. Attorno al 5 per mille, per ora uno degli strumenti più efficaci a sostegno del volontariato solidale che è espressione compiuta della sussidiarietà orizzontale, si gioca il futuro del Terzo settore in Italia. Occorre allora lavorare in profondità su questo strumento se si vuole rendere il Terzo settore autonomo e indipendente da uno Stato troppo centralista e un mercato indifferente alle istanze della solidarietà e, comunque, impegnato a giocare una partita ben diversa da quella del volontariato sociale. L'autonomia economica, una dipendenza leggera dal finanziamento pubblico ed in particolar modo l'autonomia politica, sono presupposti indispensabili per dare corpo e spessore alla sussidiarietà orizzontale. L'unica dipendenza legittima è quella che lega i cittadini alle singole organizzazioni: sono allora i cittadini a dover compiere una scelta libera nel sostenere e nell'accedere ai servizi di utilità sociale gestiti dal non profit.

Homepage

 

   
Num 92-93 Giugno/Luglio 2009 | politicadomani.it